venerdì 30 marzo 2007

Venerdì Tanga


Ebbene sì, è di nuovo venerdì e anche oggi ho dovuto trovare il coraggio di affronatre Maestro Tanga.
Era di buon umore oggi, lui.
Sorrideva, lui. Dice che più suda, il sodo, e più diventa euforico. Era euforico oggi, lui. Che prodigio sarà mai stato questo qui, che io sudavo e lui stava bene e più sudavo e più lui alzava gli angoli della bocca a farti vedere che i suoi canini sono zanne d'elefante. E alza il ginocchio, lui, che quasi lo rotula gli va sù al posto del pomo d'adamo. A me invece parte un rantolo pre-infartuale, un fischio che dal polmone destro corre, piano perchè è stanco anche lui, ed esce dalle narici.
Forza, ne mancano solo quattro, urla lui come quell'omino che sta sulle canoe a incitare i compagni.
E quando ne mancano solo quattro il tempo si ferma e anche io non sento più la fatica ma ho raggiunto una specie di benessere zen e chiudo gli occhi. Non c'è più la palestra, non ci sono più le cinquantenni scosciate, non c'è più Raffaella Carrà in sottofondo. Il tempo avanza a rallentatore e io sono in una jungla verde, ai piedi di un monastero tibetano. Il monastero è altissimo, per arrivare in cima si devono salire tre triliardi di gradini di pietra grigia. io mi sento leggera e comincio a salirli uno dopo l'altro come se l'araba fenice mi sospingesse a ogni salto. E gioiosa, con i capelli al vento come quelli di Lady Oscar nei duelli, giungo in cima. Non ho l'ombra del fiatone, sto così bene che accetto la pipa che mi passa il monaco che mi accoglie...inspiro e i polmoni mi ringraziano in coro cantando "Aquarius". Il monaco, vestito di giallo e rosso, mi apre le porte del monastero e mi porta al cospetto del Dalai Lama. E un uomo calmo il Dalai Lama, sta seduto con le gambe incrociate. Tutto nella stanza del Dalai Lama è seduto. Il Dalai Lama non si muove e non salta, nemmeno l'aria lì si muove o addirittura vibra ai colpi di una cassa non regolata. Il Dalai Lama non suda. E'. Professa l'immobilità del corpo per la rivoluzione dell'anima.
E io sono felice davanti a lui e mi fermo, godo con lui della pacifica immobilità, della pinguetudine di Buddha, della mollezza post-prandiale. Ma poi il tempo scade e il monaco mi dice che devo andar via e lasciare riposare il Dalai Lama ma, prima di accompagnarmi fuori, mi da la possibilità di rivolgere un'unica domanda al Dalai Lama. Una e una sola. Io non me lo faccio ripetere e fiduciosa di una risposta, riguardevolmente mi rivolgo a lui e dico "Dalai Lama, voi che siete così saggio, ditemi, vi prego... ma dove li mandate a scuola i miliardi di Maestri Tanga, che disperdete nel mondo a fare proseliti, che non sanno contare fino a quattro? Che aritmetica studiano i Maestri Tanga che per loro dopo il quattro c'è di nuovo uno e poi ancora ancora ancora fino a quando ti vien voglia di tiragli in testa un pallottoliere?".

La fatica oggi mi ha giocato dei brutti scherzi ma con tutti i saltelli che ho fatto, se non ci fossero stati gli specchi a fermarmi, in Tibet ci sarei arrivata sul serio.

Ciao Maestro Tanga, mi auguro che il tuo culetto sodo, domenica, venga usato come batacchio di una campana per chiamare i fedeli a messa.

Margot Connery

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